
Un uomo di 40 anni in ACR viene soccorso dall’equipe di emergenza sanitaria. I colleghi di lavoro avevano già intrapreso le manovre di rianimazione al momento della perdita di conoscenza. Il ritmo che i soccorritori trovano appena applicate le piastre è una FV ad onde fini. Il paziente viene defibrillato e vista la persistenza dell’ACR vengono intraprese le manovre di ALS. Gestione avanzata delle vie aeree, terapia elettrica e farmaci, con sempre in sottofondo manovre rianimatorie di base di buona qualità.
Cosa ha di non comune questo caso? Che il paziente fibrilla per oltre 1 ora nonostante la somministrazione di tutta la “cavalleria” antiaritmica e della terapia elettrica prevista dalle linee guida, ed alla fine viene dichiarato deceduto sul territorio.
E’ sempre frustrante perdere un paziente così giovane, se poi accade in un contesto in cui i tempi d’intervento sono ideali e la patologia di fondo, nonostante la gravità di base, è potenzialmente reversibile la sensazione d’inutilità è enorme.
Lo “stay and play” che attualmente nell’arresto cardiaco extraospedaliero non traumatico è il gold standard, potrebbe essere superato dall’utilizzo, nell’ACR refrattario ed in pazienti selezionati, dell’ECMO come supporto all’ALS tradizionale.
Viste le poche evidenze che sostengono l’uso dei farmaci comunemente utilizzati nell’ACR refrattario, specie in quello da ritmi defibrillabili, l’avvvento di un diverso approccio potrebbe aprire una nuova era nell’ALS e nelle prospettive dei pazienti vittime di ACR.
La letteratura recente propone sempre più esperienze che mettono a confronto l’utilizzo della rianimazione cardiopolmonare assistita dalla circolazione extracorporea con l’ALS tradizionale.
I lavori fin qui effettuati sono retrospettivi e parzialmente influenzati da bias inerenti le caratteristiche dei pazienti, l’eziologia dell’ACR e la standardizzazione dei protocolli ALS praticati, ma, nonostante le limitazioni, è chiaro come, nei pazienti in ACR persistente, l’intervento dell’ECMO aiuti a guadagnare tempo per la diagnosi ed il trattamento definitivo della causa sottostante ed in ultima analisi apre la prospettiva dell’espianto che, anche se drammatica, è in termini sociali assolutamente attuale.
I risultati inoltre sono incoraggianti, anche se non definitivi, in termini di sopravvienza e di outcome neurologico a lungo temine, sia che l’ELS s’instauri in ambito ospedaliero che extraospedaliero.
L’auspicabile futura attuazione di un programma di ELS prevede necessariamente un coordinamento tra territorio ed ospedale per individuare le caratteristiche dei pazienti da trattare e per ridurre i tempi d’attuazione della circolazione extracorporea minimizzando in tal modo i tempi di low-flow.
Scott Weingart nel suo Blog pubblica un bellissimo podcast sull’argomento in cui propone dei criteri per selezionare i pazienti da sottoporre ad ELS.
Tali criteri sono ispirati da probabilità prospettiche di buon outcome e tendono ad ottimizzare l’uso di una metodica che non è universalemte ed ampiamente disponibile e la cui utilità non è ancora ben chiara nei pazienti vittima di ACR.
L’individuazione di criteri condivisi da sottoporre all’analisi dell’evidenze deve essere quindi il primo passo per un percorso che si snoda tra territorio ed ospedale.
Attualmente è in corso uno studio Refractory Out-Of-Hospital Cardiac Arrest Treated With Mechanical CPR, Hypothermia, ECMO and Early Reperfusion (CHEER) che già prevede il rapido trasporto dal territorio di pazienti selezionati verso la possibilità di effettuare un ELS ed i cui risultati sono attesi nel 2015.
In prospettiva futura quindi un protocollo che dopo i primi minuti della rianimazione, preveda l’indicazione precoce a sottoporre un paziente ad ELS e la pronta attivazione dell’ECMO team, consentirebbe d’instaurare un percorso virtuoso tra territorio ed ospedale per poter aumentare le chance di sopravvivenza dei pazienti, ed indagare la vera utilità di una metodica che per il futuro promette un salto di qualità per i pazienti colpiti da ACR refrattario.
References:
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Tag:ACR refrattario, Advanced Cardiac Life Support, ALS, ECMO, emergency medicine, Extracorporeal life support, medicina d'urgenza, medicina d'urgenza preospedaliera, post resuscitative care, post-rianimazione, prehospital emergency medicine
Prehospital POCUS: Why I love it! Real Clinical Scenario.
10 Lug73 yrs old male found unconscious by his wife. CPR started by a neighbour with pre arrival CPR instructions provided by dispatcher. We found him in asystolic cardiac arrest. Established mechanical chest compressions (MCC), ventilated through an 8.0 ET tube, placed an intraosseus access, 10 min of ALS and 2 mg of epinephrine later, on the monitor appears an organised rhythm at 40 bpm (narrow junctional shape), NO CENTRAL PULSE. After 2 min (CPR still going) same rhythm stil NO CENTRAL PULSE but this time, during the MCC pause, a subcostal view of the heart was obtained (sorry for the quality of the images but were recorded during the code and I’m not an expert but just an ultrasound user)
As you can see the heart is moving and the right ventricle is almost the double of the left one. Due also to the clinical history of a recent surgical knee replacement the most probable origine of the cardiac arrest is PE. We decided to continue chest compressions, but to stop epinephrine at 1 mg dose, starting push doses of 0,1 mg till the return of a central pulse. After 5 min a strong carotid pulse appeared and this is the ultrasound view of the heart at that moment
The patient arrived to the hospital sedated and paralysed in assisted pressure control ventilation. You can see on the monitor the rest of vital signs.
No follow up yet.
You can read more about PEA and Pseudo-PEA on MEDEST
Forget ACLS guidelines if you are dealing with Pulseless Electric Activity. Part 1.
Forget ALS Guidelines when dealing with PEA. Part 2.
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Tag:ACLS, Advanced Cardiac Life Support, arresto cardiaco, cardiac arrest, ecografia, emergency medicine, medicina d'urgenza, PEA, POCUS, point of care ultrasound, pulseless electric activity