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E’ andato tutto bene?
19 MagLa tempesta COVID 19 ci ha travolto come società civile e come professionisti sanitari. La reazione delle istituzione è stata globalmente inadeguata. Tale inadeguatezza è apparsa subito palese dai numerosi messaggi, ambigui e spesso contraddittori che provenivano da coloro i quali dovevano essere i nostri punti di riferimento istituzionale ed invece apparivano incapaci di tracciare un percorso condiviso credibile
Abbiamo avuto la sensazione che proclami e direttive più o meno ufficiali fossero reattivi a stati di momentanea isteria collettiva e non una tappa sul percorso di una lucida gestione dell’emergenza.
Dopo il primo momento di sbandamento tutti noi abbiamo dovuto elaborare un nostro piano di “sopravvivenza” di fronte all’evidente incapacità dei nostri apparati direttivi. Questo è avvenuto nella nostra vita privata ma sopratutto nella nostra vita professionale
Il 118 è un sistema particolare; è paragonabile ad un organismo composto da cellule e tessuti che costituiscono organi ed apparati autonomi (centrale operativa, ambulanze medicalizzate automediche, ambulanze infermieristiche, elisoccorso) governati da una “testa” che spesso non comunica e non percepisce le sensazioni che provengono dalla periferia.
Alla stregua di un organismo paradossalmente deafferentato senza meccanismi di feedback efficaci, mentre nei periodi di “pace” va avanti per sostanziale inerzia, nei momenti di tempesta è paragonabile ad una nave senza nocchiero destinata a schiantarsi contro gli scogli o nella più fortunata delle ipotesi essere trascinata alla deriva.
Ma nell’emergenza COVID gli organi di questa chimera organizzativa, la ciurma di questa nave senza nocchiero hanno trovato un’emostasi, un governo spontaneo del vuoto immenso che li ha circondati. Ora, a differenza di ordinarie carenze di leadership a cui siamo abituati in modo atavico, sono state minacciate la nostra salute personale, quella dei nostri familiari e la qualità delle cure che potevamo fornire ai nostri pazienti.
Chiamatelo egoismo, chiamatelo spirito di sopravvivenza chiamatela etica professionale. Insomma chiamatelo come volete ma noi alla fine ci siamo organizzati, proteggendoci e continuando a curare i nostri pazienti con dedizione ed efficienza.
Abbiamo risposto alla valanga di chiamate non urgenti con la stessa pazienza e professionalità di sempre, ci siamo vestiti da teltubbies con maschere da snorkeling “cornute”, abbiamo coperto la testa dei pazienti con teli di nylon, ci siamo messi i sacchetti del supermercato come soprascarpe.
Lo abbiamo fatto da soli con il vento contro. Lo abbiamo fatto a favore dei nostri pazienti attaccati con i denti alla nostra competenza. Lo abbiamo fatto nonostante coloro che dovevano non ci abbiano mai supportato ed anzi hanno preteso di dirci come dovevamo fare il nostro “sporco” lavoro (senza averlo mai fatto) a colpi di direttive inapplicabili firmate con guanti candidi calate dal chiuso di uffici lontani e mai accessibili.
Ora tutto cambierà perché noi non dimenticheremo. Ci ricorderemo nomi, cognomi e facce. Ci ricorderemo quello che avete fatto ma sopratutto quello che non avete fatto.
Perché il ricordo non porta rancore o spirito di vendetta ma ci insegnerà a ripartire ed a non essere come voi.
Perché i nostri pazienti meritano una stagione di cure diversa in cui la sanità territoriale sia un’alternativa vera e non solo un proclama elettorale.
Noi del 118 ci saremo. Ci saranno i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari.
Perché noi ce l’abbiamo fatta mentre voi no.
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